giovedì 3 giugno 2010
CAPITOLO 1- RITROVAMENTO
Lo sceriffo Gambon era chiuso nel suo ufficio da almeno due ore. La mattinata era incominciata bene: aveva fatto colazione con un ottimo piatto di uova e pancetta che Mandy, sua moglie, gli aveva preparato ed era andato alla centrale di polizia di ottimo umore, era entrato nel suo ufficio e per qualche ora nessuno era venuto a disturbarlo. Quella che si dice una giornata tranquilla. Alle undici qualcuno aveva bussato alla porta dell'ufficio e dopo pochi secondi era entrato uno degli agenti, il giovane Cartbury: aveva un'espressione stravolta ed era pallido come lo sceriffo non lo aveva mai visto, dava quasi l'impressione che di lì a poco avrebbe vomitato sulla moquette.
"Che succede ragazzo?" si informò prontamente lo sceriffo Gambon.
"Ho..." esitò il giovane "Ho trovato un uomo, nel bosco" concluse.
Lo sceriffo capì immediatamente a cosa si riferiva l'agente Cartbury: nelle condizioni in cui era il ragazzo al momento, era difficile che l'uomo di cui stava fosse stato trovato vivo. Il pallore del volto e la voce tremante dicevano già tutto sull'accaduto.
"Calmati figliolo, prendi un po' d'acqua" disse Gambon e gli passò un bicchiere e una bottiglietta di plastica; Cartbury bevve un lungo sorso direttamente dalla bottiglia e poi cercò di continuare.
"Stavo percorrendo la strada che porta fuori dal paese per andare alla casa dei Dwayne. Non c'era traffico, come sempre, ma ad un certo punto, a circa cento metri dal cartellone pubblicitario, ho notato qualcosa di insolito".
"Quanto insolito?" chiese pazientemente Gambon.
"Abbastanza. Contro uno dei lampioni c'era un pick-up verde, parecchio malridotto tra l'altro".
"Verde, hai detto?" Gambon prese a scuotere la testa. Era stato lo sceriffo di West Coburn per oltre trent'anni e ormai riconosceva tutti i suoi abitanti solo guardando il veicolo che guidavano, e di certo sapeva di chi fosse l'unico pick-up verde di cui aveva memoria: il figlio dei Turner non era mai stato troppo equilibrato, ma negli ultimi anni era veramente peggiorato e ricordava di averlo fermato ubriaco almeno un paio di volte. Era solo questione di tempo prima che lo ritrovassero morto nell'abitacolo dopo un incidente mortale.
"Pat Turner" disse Gambon "Era al volante quando l'hai trovato?".
"No sceriffo. Gliel'ho detto, il pick-up era sulla strada. Il corpo l'ho trovato nel bosco" continuò Cartbury, con il labbro superiore che tremava. Lo sceriffo ricordò quanto aveva detto il ragazzo poco prima: aveva dimenticato il dettaglio del bosco. 'Strano' pensò 'Cosa diavolo era andato a fare il giovane Turner nel bosco?'.
"Era molto distante dal pick-up?" domandò lo sceriffo con interesse.
"Si è addentrato parecchio nel folto, ma l'albero contro cui era accasciato era ad un'altezza di circa 500 metri oltre il furgone".
"E' ancora la, dico bene?".
"Certo sceriffo. Aspettavo lei per chiamare la scientifica e muovere il corpo".
"Bravo ragazzo. Adesso portami sul posto" disse Gambon afferrando il cappello a tesa larga color kakhi dall'attaccapanni. Cartbury annuì e cercò di riprendere il controllo del suo corpo incamminandosi verso l'uscita della centrale, con lo sceriffo a seguito. Salirono in macchina, ma Gambon insistette per guidare: il ragazzo era chiaramente troppo scosso per mettersi al volante. Cinque minuti dopo erano entrambi accovacciati davanti al pick-up per esaminare i danni.
"Deve aver preso una gran botta" commentò lo sceriffo, passando un polpastrello sulla carrozzeria laddove si trasformava in un ammasso di lamiere contorte.
"Questo è sicuro" replicò Cartbury "Venga, la porto a vedere il corpo".
Lo sceriffo notò con piacere che nonostante il piccolo shock il giovane agente aveva calcolato con una certa precisione la distanza e la collocazione del corpo rispetto al veicolo: si addentrarono nella boscaglia per un centinaio di metri e seguirono la direzione della strada per circa tre o quattrocento metri. Lo spettacolo che si presentò davanti allo sceriffo non era orribile come avrebbe pensato, anche se non meno triste.
Era proprio come lo aveva descritto Cartbury mentre si recavano in macchina sul luogo: un ragazzo sui venticinque, apparentemente alto, capelli scuri e lineamenti marcati. In poche parole, Pat Turner.
'Gesù, dove trovo il cuore di dirlo a Susan e James?' pensò lo sceriffo, portando la mente verso i genitori del ragazzo. Poteva notare distintamente un taglio molto profondo su una delle tempie e nonostante non avesse alcuna competenza medica non era difficile capire perchè fosse morto: una ferita di quel genere poteva uccidere un uomo adulto nel giro di pochi minuti, se non veniva medicata prontamente. La vera domanda però era un'altra: cosa diavolo ci faceva un ragazzo che aveva appena avuto u brutto incidente lì, nel folto del bosco?
"Secondo te perchè è venuto fin qui?" chiese lo sceriffo a Cartbury.
"Non saprei dirglielo sceriffo" rispose il giovane "Il corpo puzza terribilmente di scotch, oppure di whiskey, non so dirlo con certezza".
Aveva ragione: Gambon avvicinò il naso al collo del ragazzo morto, ma ritrasse subito il volto. 'Abbiamo fatto baldoria come al solito, eh, Pat?' pensò, vergognandosi un po' per aver tratto subito conclusioni affrettate. Certo, dall'esame tossicologico del corpo sarebbe sicuramente emerso che il ragazzo aveva bevuto parecchio e forse aveva anche assunto qualche stupefacente ('Molto probabile' si disse mentalmente Gambon), ma non era detto che la causa della sua morte fosse da attribuire a quello.
"L'incidente è stato causato quasi sicuramente dalle sue condizioni in quel momento. 'Alcool" disse ad alta voce lo sceriffo, con voce intrisa di amarezza "Ma non mi spiego come una persona che ha un taglio come quello che aveva lui in testa possa scendere dal veicolo e camminare tanto a lungo, e per giunta nel bosco. Poniamo che fosse ubriaco fradicio: anche in quelle condizioni non si sarebbe addentrato tanto nella boscaglia, specialmente non con un dolore forte come quello che può procurare una ferita del genere".
"Oppure" intervenne Cartbury "Era talmente disorientato che ha camminato alla cieca nella speranza di trovare soccorsi e ha perso i sensi. Dopodichè è morto".
"Plausibile" disse Gambon "Ma conoscendo Pat non credo sia andata così. Era sempre sbronzo o fatto, ma riusciva a mantenere una lucidità di fondo che spesso stupiva perfino me. Fidati del vecchio Gambon ragazzo: anche da ubriaco non si sarebbe mai buttato nel bosco di notte senza avere un buon motivo". Lo sceriffo sentiva che qualcosa gli stava sfuggendo. Poi, improvvisamente, capì. Ripercorse all'indietro il tragitto che avevano battuto per raggiungere il corpo dal pick-up e Cartbury lo seguì. Tornarono al veicolo, poi Gambon fece marcia indietro e tornò verso il corpo, sempre puntando lo sguardo verso il terreno; l'agente non capiva, ma non fece domande.
Poi lo sceriffo si rivolse verso Cartbury e disse: "Dimmi un po' ragazzo, quante serie di impronte vedi?".
"Come dice?" chiese Cartbury sbalordito.
"Osserva" disse lo sceriffo "Le impronte iniziano qui, ma in realtà lui non è entrato nel bosco da dove siamo entrati noi. Si è allontanato dal pick-up e poi si è addentrato nella boscaglia qualche metro più in là. Ho voluto controllare se ci fossero impronte diverse dalle sue nel tratto che abbiamo utilizzato noi, ma non ne ho trovate. Ora, seguiamo le impronte di Pat che si fermano qui dove si è accasciato e vediamo da dove è entrato". Lo sceriffo aveva ragione: Pat era entrato nel bosco da un'altra parte.
"Dannazione!" esclamo Gambon mentre seguivano le impronte "E queste cosa cazzo sono?".
"Cosa?" chiese Cartbury, ma non c'era bisogno di domandare, lo vedeva anche lui: a pochi metri dal corpo, per un tratto di circa due metri, le serie di impronte diventavano due, e non una sola. Ed erano impronte decisamente diverse da quelle di Pat. Poi accadde una cosa strana: Cartbury alzò lo sguardo e notò la figura di qualcuno che li stava spiando dietro ad un albero.
"Ehi!" gridò l'agente e si lanciò all'inseguimento dell'uomo, che aveva iniziato a correre. Gambon non ebbe nemmeno il tempo di chiedere a Cartbury cosa stesse succedendo che l'agente era già lontano. Il ragazzo in divisa vedeva l'uomo davanti a se: era vestito con una semplice T-shirt blu e indossava un paio di jeans. Cercò di memorizzare almeno quei dettagli, visto che il volto non era riuscito a vederlo; lo inseguì ancora per qualche secondo, poi l'uomo si fermò e alzò le braccia, in segno di resa.
"Mi arrendo, mi arrendo, agente Cartbury" e poi si voltò. Cartbury sgranò gli occhi e tutta la tensione delle ultime ore esplose in lui: istintivamente voltò la testa e vomitò la colazione- uova e pancetta- sul tappeto di foglie. Se Gambon fosse stato lì e non parecchie centinaia di metri indietro sarebbe stato solidale con il ragazzo: l'uomo che Cartbury si trovava davanti aveva un volto magro e scavato, ma non era quello a incutere timore, piuttosto era il foro di proiettile che sostituiva il suo occhio destro.
"La sua corsa è buona almeno quanto la sua mira, agente" disse l'uomo, con una voce soprannaturale. Cartbury lo fissava terrorizzato: quel tizio era morto, morto! Come faceva ad essere di fronte a lui, con la ferita che gocciolava sangue copiosamente?
"Tu... tu sei..." balbettò Cartbury.
"Eppure sono qui. E lo sa cosa ho imparato in tutto questo tempo, agente Cartbury?".
"No. Ti prego, dimmi che non sei reale, dimmi che..." singhiozzò l'agente.
"Ho imparato" continuò l'uomo "Che lo stolto che si sporge per guardare il fondo del pozzo, ci cade dentro". A quel punto accaddero due cose: l'uomo si scagliò contro Cartbury e lo atterrò, stava per sferrargli un pugno contro il mento, ma accadde la seconda cosa. Gambon sopraggiunse all'improvviso e quello che vide lo sporprese. Davanti a lui c'era Cartbury sdraiato a terra che gridava al nulla di lasciarlo in pace.
"Che succede ragazzo?" chiese Gambon aiutandolo ad alzarsi.
Cartbury strizzò gli occhi, come se cercasse di svegliarsi. Poi, quando capì che non c'era nessuno a parte lui e Gambon, disse con voce tremante: "Niente sceriffo" disse il ragazzo "Andiamo via".
Mentre i due si avviavano verso l'uscita del bosco per avvertire la scientifica, da qualche parte nel folto del bosco le foglie si muovevano e turbinavano in maniera innaturale. Tutto stava andando per il meglio e presto sarebbe arrivato lo Straniero. Il vento portò con se un sussurro che sembrava dire, con voce minacciosa: "Apriamo le danze, dame e cavalieri".
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Davvero complimenti! Hai una buona prosa, mi porta alla mente i migliori nomi del romanzo contemporaneo americano (il King che citi nel tuo videoblog in primis)! Mi hai incuriosito parecchio, vedremo come si evolverà la storia! ;)
RispondiEliminaComplimenti vivissimi! Ti seguo sul tubo e per curiosità sono venuto a vedere il blog...Mi ha incuriosito la storia e quindi non vedo l'ora che pubblichi il prossimo capitolo xD
RispondiElimina" 'Gesù, dove trovo il cuore di dirlo a Susan e James?' pensò lo sceriffo, riferendosi ai genitori del ragazzo."
RispondiEliminaQuesta è una mia opinione, ma credo sia scontato che quando lui dice "Susan e James" uno pensi ai genitori, non trovo utile ripeterlo.
"dolore forte comme quello"
piccolo errore di digitazione e altro punto in cui vorrei rimarcare il fatto che se uno è ubriaco, il dolore manco lo sente!
"Tornarono alveicolo"
"Che scuccede ragazzo?"
Altri errori di presti-digitazione. :D
Il primo vero capitolo inizia in modo piuttosto interessante e si prospetta un buon seguito, tuttavia la fine del capitolo è a mio personale avviso un po' frettolosa e strana, ma vabbè vedrò nelle prossime puntate!
In ogni caso ci tengo a specificare che non ti faccio notare gli errori per bastardaggine mia, ma solo per darti una mano nella correzione del testo, ovvero il momento più importante dopo la scrittura, quando si realizza un romanzo.
Inoltre ti vorrei dare qualche consiglio se posso.
Fino ad ora hai utilizzato un approccio fabuloso alla trama, con una storia che va in linea retta, ma prova a chiederti cosa succederebbe se tu eliminassi l'introduzione e facessi partire la storia dal capitolo 1 per poi rivelare ciò che è successo prima pian piano, non creerebbe più suspance nel lettore?
Insomma lavora un po' sull'intreccio :D
Aspetto con ansia i nuovi capitoli!
la chiusura di questo primo capitolo mi lascia molto perplesso, ma i contenuti sono interessanti e credo proprio che proseguirò nella lettura, l'idea di "qualcosa" che risveglia le paure e/o le brutte azioni che hanno commesso le persone è intrigante ;)
RispondiEliminati segnalo alcuni errori, così da poter aiutarti nella correzione:
"seguirono la direzione della strada per circa mezzo un quarto di miglio."
questa frase non mi convince per niente, credo sia un errore perchè stavi scrivendo sovrapensiaro e hai pensato a mezzo chilometro e un quarto di miglio... cosa che si rifarebbe on quanto detto in precedenza che il corpo era a 500 metri dal pick-up
"e camminare tanto a lungo e nel bosco , per giunta"
secondo me in italiano dovrebbe essere
"e camminare tanto a lungo, e nel bosco per giunta"
"Ma conoscendo pat ti posso dire che non credo sia andata così"
Pat va con la "P" maiuscola visto che è un nome proprio ;)
"Tu... tu sei..." balbettò cartbury.
Cartbury con la "C" maiuscola...
"Eppure sono qui. e lo sa cosa ho imparato in tutto questo tempo, agente cartbury?"
"C" maiuscola :P
"A quel punto accaddero due cose: l'uomo si scagliò contro cartbury e lo atterrò"
di nuovo un nome proprio in miuscolo ;P
questa è una cosa che sistemerei io, però è solo una proposta...
"da qualche parte nel folto le foglie si muovevano e turbinavano in maniera innaturale."
io metterei "da qualche parte nel folto del bosco le foglie" perchè anche se uno intuisce che il folto si riferisce al bosco è più preciso e secondo me suona anche meglio :)
scusa... non voglio essere pignolo, ma come dice sagara è per aiutarti nella correzione, medie è superiori le ho passate con un sacco di errori di ortografia nei temi perchè, anche rileggendo, nella mia mente il discorso era chiaro e liscio e finivo per non accorgermi di piccoli errori... ;)
Grazie davvero a entrambi! le applicherò tutte appena riesco!!!!
RispondiEliminail primo capitolo forse non mi preso subito, come, invece, è capitato con il prologo.
RispondiEliminaI complimenti te li devo fare comunque, mi appassiono sempre di più a questo racconto e adoro quella ( almeno a me sembra) "citazione" del tuo, o meglio dire, nostro e di molti altri, film preferito.